Ritratto di un santo – San Silvano nei ricordi di padre Sofronio

Ho conosciuto lo starec Silvano quando i lunghi anni della sua strenua lotta contro le passioni erano passati. In quest’epoca era davvero un grande uomo spirituale. Conoscitore dei misteri divini, guidato dall’alto nella lotta spirituale, camminava a passi sicuri verso l’impassibilità.

Visto dall’esterno, l’aspetto dello starec era molto semplice. La sua altezza superava leggermente la statura media. Senza essere magro, non era neanche sovrappeso. Il suo corpo era robusto, il collo forte, le cosce solide e ben armonizzate con il corpo, i piedi lunghi. Aveva mani forti, da lavoratore, con grandi palmi. Le proporzioni del viso e della testa erano armoniose. La mascella inferiore era ferma e volitiva, ma senza traccia di sensualità o rigore. I suoi occhi neri erano di grandezza media. Il suo sguardo tranquillo e mite, spesso stanco per le lunghe veglie e per le lacrime, diventava a tratti attento e penetrante. Aveva una barba lunga, leggermente imbiancata. Le sopracciglia erano spesse, ma non unite, dritte come spesso nelle persone che pensano. I suoi capelli erano spessi e ruvidi, anche in età avanzata. Abbiamo alcune sue fotografie ma non sono riuscite. Le caratteristiche forti del suo viso vi appaiono ruvide e grezze, mentre in realtà producevano piuttosto un’impressione piacevole, dovuta all’espressione pacifica e benevola del suo volto che, per la mancanza di sonno, la grande astinenza e l’abbondanza di lacrime diventava spesso pallido e mite, mai grave. Così era di solito, ma a volte cambiava fino al punto di diventare irriconoscibile. Il suo volto pallido e puro riceveva allora l’espressione di una tale luminosità, che era impossibile continuare a guardarlo. Senza volerlo, ti venivano in mente i passaggi della Scrittura che descrivono la grazia che splendeva sul viso di Mosè, la cui vista il popolo non poteva sopportare.

 

Sf. Siluan si Pr. Sofronie

San Silvano e Padre Sofronio

La sua vita era austera, con una totale indifferenza verso il proprio aspetto esteriore e il proprio corpo. I suoi vestiti erano quelli, grezzi e ruvidi, dei monaci che lavoravano. Ne indossava molti, uno sopra l’altro, perché dopo molti anni di perfetta indifferenza verso il corpo, soffriva di reumatismi. Durante il suo soggiorno nel vecchio Russikon si era gravemente ammalato per il freddo e terribili dolori lo costringevano spesso a rimanere a letto. In questo periodo passava le notti fuori del monastero, nel grande magazzino delle provviste, di cui era responsabile. Faceva questo per vivere in una maggiore solitudine. Così era l’aspetto esteriore di quest’uomo: semplice e umile. Ma se proviamo a descrivere il suo carattere interiore e la sua personalità, ci troviamo di fronte ad un compito molto difficile.

San Silvano - foto

 

Negli anni in cui ho avuto occasione di osservarlo, offriva l’immagine di un’eccezionale armonia dei poteri spirituali e corporali. Non era un uomo istruito; nell’infanzia aveva frequentato la scuola del suo villaggio natale solo per due inverni. Tuttavia, grazie alla lettura e all’ascolto in chiesa della Sacra Scrittura e degli scritti dei Santi Padri, la sua cultura era molto cresciuta e si poteva notare in lui una familiarità con gli scritti monastici. Aveva per natura un intelligenza sveglia, pronta a capire le cose; d’altra parte, la lunga esperienza di lotta spirituale e di preghiera incessante, la grande sofferenza ed il tocco eccezionale della grazia di Dio, gli avevano dato una sapienza e una capacità di comprensione sovrumana. Lo starec Silvano era un uomo con un cuore straordinariamente affettuoso, pieno di amore compassionevole e di grande delicatezza, sensibile a ogni sofferenza e dolore, ma senza alcuna traccia di sensibilità malata o effeminata. Le sue lacrime spirituali incessanti non si trasformavano mai in una sensibilità lacrimosa. La sua  instancabile veglia interiore non aveva il carattere di una tensione nervosa.

La grande astinenza di questo uomo, dotato di un corpo robusto e vigoroso, non era meno degna di ammirazione. Si difendeva fortemente da ogni pensiero che potesse non piacere a Dio, ma questo non gli impediva di avere legami liberi di ogni condizionamento, pieni di amore e di mitezza verso tutti; si comportava con le persone senza tenere conto del loro status sociale o del loro modo di vita. Non aveva la più pallida ombra di disprezzo per coloro che conducevano una vita di peccato, ma nel profondo della sua anima si sentiva addolorato per le loro cadute, così come un padre o una madre sono tristi per gli errori dei loro amati figli. Lo starec era un uomo di profonda e genuina umiltà, sia davanti a Dio che davanti agli uomini.

San Silvano - foto

 

San Silvano (1866-1938)

 

Amava dare la precedenza agli altri, essere il primo a salutare, il primo a chiedere una benedizione ai sacerdoti, ma tutto questo lo faceva senza alcun compiacimento servile. Portava un sincero rispetto per coloro che avevano ricevuto la grazia del Sacerdozio, per quelli che occupavano una posizione sociale importante o che avevano un’istruzione superiore, senza tuttavia invidiarli o sentirsi umiliato davanti a loro, forse perché era profondamente consapevole della natura transitoria di qualsiasi posizione sociale, di potere, di ricchezza o anche di conoscenza scientifica.

Sapeva “con quanto amore il Signore ama il Suo popolo” e nel suo amore per Dio e per l’uomo apprezzava e rispettava realmente ogni persona. Il suo comportamento esteriore era caratterizzato dalla semplicità, ma nello stesso tempo egli mostrava una vera e propria nobiltà interiore o, se si vuole, un carattere aristocratico, nel migliore senso della parola. Entrando in contatto con lui nelle circostanze più diverse della vita, anche chi fosse dotato della più raffinata intuizione non avrebbe potuto cogliere in lui la minima durezza di cuore: rifiuto, mancanza di rispetto o di attenzione, odio o altri simili atteggiamenti. Era veramente un uomo nobile, come solo un vero cristiano può esserlo. Le sue parole non avevano mai un doppio senso, non si prendeva mai gioco di nessuno, né mai adulava qualcuno. Sul suo volto, solitamente serio e tranquillo, si poteva a volte osservare un sorriso, ma non rideva mai in modo da poter essere udito. Affrontava e sopportava le tentazioni con grande coraggio. In lui non c’era la minima traccia di ira, ma pur possedendo una grande mitezza e una rara disposizione dell’anima alla rinuncia e all’ascolto, era estremamente fermo nel suo rifiuto di tutto ciò che significa menzogna, malizia e malvagità. Né il giudizio degli altri, né la volgarità, né la meschinità, né altri tratti di questo genere regnavano su di lui. La sua incrollabile fermezza era evidente, ma anche la sua costante attenzione a non ferire il suo interlocutore, né in maniera palese, né attraverso un movimento del cuore che non sarebbe sfuggito a chi fosse dotato di intuizione. Per questo pregava dentro di sé, e in questo modo riusciva a mantenere la pace dell’anima e a essere refrattario a qualsiasi male.

Era davvero un uomo: immagine e somiglianza di Dio. Il mondo è bello, poiché è la creazione dell’Altissimo. Ma niente è più bello dell’uomo, figlio di Dio.

 

Tratto da: Archimandrite Sophrony, Starets Silouane, moine du Mont-Athos, 1866-1938, Paris, Présence, 1973. Traduzione e adattamento di padre Gabriel Popescu e Renato Giovannoli.

 

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